L’avvento dei social network ha sicuramente permesso di farci scoprire i luoghi più nascosti del nostro Appennino, rendendo la montagna più accessibile e meno elitaria. Un risultato straordinario quello di essere riusciti a riportare tante persone in montagna, che si è concretizzato con l’arrivo della pandemia.
Il rovescio della medaglia, tuttavia, mostra una frequentazione che spesso mal si sposa con l’ambiente che si va ad affrontare, che pone le sue fondamenta su un esibizionismo insaziabile e vorace. La corsa a chi pubblica il selfie più figo, il voler apparire, la condivisione patologica…troppe volte prendono il sopravvento, allontanandoci da un’esperienza più sincera e consapevole. Dovremmo riflettere sulle numerose immagini da cartolina in cui puntualmente ci imbattiamo; cime innevate, orizzonti da urlo, l’idea che basti avere dell’attrezzatura costosa per realizzare il sogno alpinistico. Spesso ci si ferma all’apparenza, dimenticando quali siano i nostri limiti e capacità, esponendoci a rischi di cui il più delle volte non siamo neanche consapevoli. Bisogna far passare il messaggio che la montagna sia pericolosa? Assolutamente no, o almeno non più di tanti altri ambienti. Sta a noi affrontarla con la dovuta preparazione!